Milano
– Sono trascorsi quasi 40 anni, ma ancora aleggia una pesante cappa di mistero
su una delle pagine più controverse e discusse nella storia di questo malandato
e ridicolo paese. Il sequestro e la successiva, barbara esecuzione di Aldo Moro
hanno sempre rappresentato un’autentica spina nel fianco per quell’establishment
politico che vede oggi nei propri portaborse e delfini, l’indegna prosecuzione
di un asservimento verso logiche che vanno ben al di sopra di un semplice
omicidio “di Stato”.
Non
è un mistero che il ruolo di Moro del resto era divenuto assai pericoloso per
chi si stava apprestando a svendere questo paese ad un potere oscuro e
criminale. Ad esempio, c’e chi come il giudice Ferdinando Imposimato ha
addirittura intravisto nel rapimento del presidente della Democrazia Cristiana,
la prosecuzione di un disegno diabolico iniziato con l’omicidio di John
Fitzgerald Kennedy nei confronti di chi si stava opponendo al piano di togliere
sovranità politica e monetaria ai più importanti paesi, al fine di sventare il
piano liberticida e criminale delle massonerie internazionali!
Ma
cosa è stato fatto realmente per salvare il grande statista democristiano? Se
n’e’ parlato nel corso di un incontro tenutosi al Circolo della Stampa del
capoluogo lombardo ieri pomeriggio, in cui sono stati esposti i risultati della
commissione parlamentare di inchiesta.
Il
quadro che è emerso ha confermato quanto – almeno personalmente – ho sempre
immaginato e pensato: per salvare Aldo Moro, non è stato fatto praticamente tutto
quanto era necessario. Se non addirittura, nulla. Dal punto di vista umano, ho
sempre provato una grande compassione per la vicenda di un uomo che – con il
trascorrere dei giorni e delle ore – e’ stato letteralmente abbandonato in
maniera infame e vigliacca, oltre che tradito, da chi solo a parole (ma non
certo poi nel momento del bisogno, così come abbiamo avuto modo di verificare)
gli era amico.
Dal
punto di vista della ricostruzione storica dei fatti, invece, sono emersi
inquietanti elementi di depistaggio sin dai primissimi, drammatici momenti
successivi al rapimento da parte di quel comando di terroristi delle Brigate
Rosse che assalto’ – con un’azione di stampo tipicamente militare – l’auto e la
scorta che stavano accompagnando l’onorevole Moro in Parlamento, la mattina del
16 marzo 1978 in via Fani a Roma.
Sullo
sfondo, una DC profondamente spaccata al suo interno fra chi ne apprezzava
l’operato e chi invece addirittura lo voleva morto, facendo già stampare e tappezzare
Roma con i manifesti funebri prima ancora che fosse effettuata l’esecuzione!
Un’azione
ben congegnata è studiata da molto lontano, con i terroristi che avevano
studiato le abitudini quotidiane e gli spostamenti di Moro già da diversi mesi.
Ma senza che nulla fosse stato fatto per garantirne l’incolumità, nonostante le
preoccupazioni da quest’ultimo manifestate a più riprese nei confronti del capo
della Polizia. E la piena consapevolezza, del pericolo cui era sottoposto
insieme agli uomini della sua scorta che mai lo avrebbero abbandonato.
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Il convegno tenutosi al Circolo della Stampa a Milano sul "caso Moro" |
Per
non parlare poi della questione dei documenti relativi agli interrogatori fatti
verso l’allora presidente della DC e lasciati trovare dalle BR nel covo di via
Montenevoso, ma che i Governi successivi non hanno mai voluto rendere pubblici.
Tanti
segreti nascosti, su cui qualcuno ha ritenuto opportuno negare la verità ai
cittadini ed anche alla famiglia di Moro. Una cortina fumogena, in cui esistono
“verità dicibili” ma bloccate, e che mirano a salvare l’onore di una DC che da
questa vicenda ne esce con le ossa rotte e con il marchio dell’infamia e della
vergogna che gli rimarranno appiccicate addosso per sempre. Ed altre invece
“indicibili”, come quelle cui fece riferimento il boss mafioso Tommaso Buscetta
quando era interrogato dal giudice Giovanni Falcone. O magari quelle che si
possono evincere da certe intercettazioni secretate del boss mafioso Totò Riina
che quando parlava dell’omicidio del Generale Carlo Alberto Dalla Chiesa,
faceva riferimento ai documenti top secret, in mano ad Aldo Moro.
Ma
in questa vicenda, come già detto,
entrano in gioco i Servizi Segreti, Gladio e naturalmente la massoneria, con la
P2. C’era chi sapeva, ma o si è mosso con colpevole ritardo oppure addirittura
ha omesso di comunicare delle informazioni, dal contenuto - come si potrà
facilmente immaginare – assai delicato e pesante.
Altro
particolare incredibile e’ la presenza di una serie di nastri registrati delle
conversazioni telefoniche intercorse fra Spadolini e Cossiga, in cui emerse
come i due partiti maggiori – ovvero la DC ed il PCI – volevano isolare
politicamente Moro. Il tutto per assecondare sia la volontà delle cancellerie
americane, che di quelle sovietiche che vedevano in lui una minaccia alla
logica dei blocchi contrapposti, allora imperante e che poteva probabilmente
anticipare di alcuni anni il crollo dei regimi comunisti dell’est europeo. Il
tutto in una visione politica totalmente diversa, in cui lo statista
democristiano ipotizzava la nascita probabilmente di una “terza via” che
avrebbe dovuto portare ad un’Europa dei popoli assai diversa da quella delle
lobby, delle massonerie e delle burocrazie.
Dal
recente lavoro della Commissione Parlamentare di Inchiesta sul rapimento e la
morte di Aldo Moro, e’ stata fatta una ricostruzione dei fatti di Via Fani con
l’utilizzo anche di ausili tecnologici che, all’epoca dei fatti, naturalmente
ancora non esistevano.
Sono
state presentate in sala una serie di diapositive molto interessanti, frutto
delle rielaborazioni della Polizia Scientifica che hanno anche rivisto le
perizie balistiche precedenti ed in cui è stata confermata la presenza di un
professionista nel comando omicida che doveva innanzitutto mettere fuori uso la
scorta ed evitare di uccidere l’ostaggio, stando anche a quello che è emerso
dal memoriale Morucci.
I brigatisti
sfruttarono perfettamente il fattore sorpresa anche se – almeno inizialmente –
i mitra (a lcuni risalenti al
periodo fascista e che potrebbero essere fatte risalire a Gladio) gli si incepparono
subito. Dei 93 colpi sparati durante la violentissima colluttazione a fuoco,
solo 2 furono esplosi dall’arma del povero agente Iozzino. Il resto (gli altri
91), erano usciti da una sola arma che poi non fu mai ritrovata ma i cui
bossoli si trovavano vicino all’auto in cui non era presente il maresciallo
Leonardi che era a capo della scorta.
Circostanza
che avvalora l’ipotesi della presenza di una quinta, se non addirittura di una
sesta persona, nel gruppo che si è macchiato dell’azione terroristica. Un particolare
del tutto inedito, rispetto a quanto è stato sempre sostenuto e che prospetta
uno scenario del tutto inquietante e differente dal memoriale Morucci.
Ciò
significa la riapertura di vecchie piste investigative che concernono la
presenza di un killer professionista (probabilmente imprestato dalla
‘ndrangheta) ed in particolare di Giustino De Vuono, evaso nel 1977 e che nego’
di essere entrato nelle BR durante il suo periodo di permanenza in carcere, pur
essendo un tiratore scelto nella Legione Straniera. La seconda possibile
presenza esterna, e’ riconducibile alla presenza di terroristi della RAF (Rotee
Armee Fraktion), dal momento che nelle intercettazioni emergono anche degli
strani dialoghi in tedesco.
Nella
scena del delitto, anche la presenza di un’auto verde di proprietà di Tullio
Moscardi, ex appartenente alla 10ma MAS, così come di un’auto civetta di colore
rosso parcheggiata male ed in senso vietato, che fu poi fatta sparire nelle ore
successive all’attentato. Diversi testimoni hanno confermato l’arrivo di
un’Alfa Sud nei minuti che seguirono a quei drammatici momenti ed il cui ruolo
non è mai stato sufficientemente chiarito.
Dopo
l’esecuzione degli uomini che accompagnavano Moro, lo stesso statista viene
portato nella 132 con un plaid che ne copre il volto, in un modo del tutto
plausibile alle modalità tipiche di un sequestro di persona. Poi la prigionia,
durata 55 giorni, in cui ricordiamo anche il modo con cui Dalla Chiesa fu
bloccato, mentre era sul punto di scoprire dove fosse stato tenuto nascosto. Un
lasso di tempo nel corso del quale, anche l’attività’ di intelligence dei
Servizi Segreti e di chi avrebbe potuto fare molto di più, si è paradossalmente
arenata di fronte ad omissioni gravi e che alimentano sospetti a dir poco
inquietanti. E che lascia aperta anche la prospettiva del possibile
coinvolgimento di altri paesi, a conferma degli interessi e della posta in
gioco.
Lo stesso Generale dell’Arma dei Carabinieri avrebbe poi ritrovato il memoriale Moro, ma mai lo consegnò ai magistrati perché non si fidava, così come aveva confidato alla moglie Emanuela Setti Carraro. Materiale scottante, di cui poi non si è mai più avuta notizia e che non aiuta certo a fare piena luce su questa vicenda, dove le nostre istituzioni – in primis, l’allora Presidente del Consiglio Giulio Andreotti – sono pesantemente tirate in ballo ed anch’esse hanno sempre avuto la loro bella e sostanziosa fetta di responsabilità. Così come la storia dei 10 milioni di dollari che sarebbero stati messi a disposizione, per liberare Moro dai suoi carcerieri e di cui lo stesso Andreotti avrebbe accennato al Papa, Paolo VI.
Lo stesso Generale dell’Arma dei Carabinieri avrebbe poi ritrovato il memoriale Moro, ma mai lo consegnò ai magistrati perché non si fidava, così come aveva confidato alla moglie Emanuela Setti Carraro. Materiale scottante, di cui poi non si è mai più avuta notizia e che non aiuta certo a fare piena luce su questa vicenda, dove le nostre istituzioni – in primis, l’allora Presidente del Consiglio Giulio Andreotti – sono pesantemente tirate in ballo ed anch’esse hanno sempre avuto la loro bella e sostanziosa fetta di responsabilità. Così come la storia dei 10 milioni di dollari che sarebbero stati messi a disposizione, per liberare Moro dai suoi carcerieri e di cui lo stesso Andreotti avrebbe accennato al Papa, Paolo VI.
Il
9 maggio 1978, il tragico epilogo dove non è mai stata fatta piena chiarezza
sul numero di colpi esplosi, sul punto esatto in cui è stato giustiziato ed
anche sui minuti di agonia (c’e chi dice 30, chi 45) che ne hanno accompagnato
gli ultimi istanti della sua vita. Ed altri particolari, apparentemente
insignificanti come la mucillagine e la sabbia che sono stati ritrovati sotto
le sue scarpe, o addirittura dei peli di cane!
Pezzi
di magistratura, servizi segreti deviati ed anche certa classe politica che su
questa vergogna – definita da Carlo Bo, delitto di abbandono - ci avrebbe poi
costruito le proprie fortune. L’affaire Moro, ovvero una delle pagine più buie
e vergognose scritte con il marchio e la puzza del marcio da questo regime
dittatoriale, in avanzato stato di putrefazione e decomposizione!
Un
martire che - stando alle dichiarazioni di Steve Pieczenik, consulente del
Dipartimento USA per il terrorismo e che in quel periodo faceva parte del
comitato di crisi voluto dall’allora Ministro degli Interni, Francesco Cossiga
– non poteva che trovare solo quella tragica sorte, dal momento che gli
americani temevano fortemente sia la reazione dei cittadini italiani, di fronte
alla morte del presidente DC che la sua possibile, ma purtroppo mai avvenuta,
liberazione.
Ma
la sapremo un giorno finalmente la verità? Avremo il diritto di sapere movente
e mandanti di quello che possiamo ancora oggi a giusta ragione ritenere uno dei
più sconcertanti ed inquietanti misteri della nostra storia recente? Chi,
ancora oggi, ha interesse a coprire questa incredibile e nauseabonda montagna
di bugie e menzogne, a distanza di quasi 40 anni?
Mi permetto di correggere due cose:
RispondiEliminaa) L'arma non ritrovata non sparò 91 colpi ma solo una quarantina (sempre tanti comunque).Le armi ufficialmente riconosciute aver sparato in via Fani (compresa quella di Iozzino) sono sei.
b) Il legionario sospettato di aver partecipato si chiamava Giustino DE VUONO e non DE BUONO.