domenica 5 luglio 2015

DICCI DOVE HAI STUDIATO E TI DAREMO LAVORO. NASCE LA CLASSIFICA DEGLI ATENEI ITALIANI.

L'ennesimo schiaffo ai danni del Sud. In un secolo e mezzo e passa di soprusi, angherie ed umiliazioni di vario genere, con tanto di deportazione forzata di tantissime persone che sono state costrette per anni ed anni a scapparsene di casa, semplicemente per provare a costruire un futuro dignitoso, adesso sta per arrivare l'ennesima carognata del regime centralista "itagliano".
Stando infatti ai bene informati, è molto probabile che fra poche settimane entrerà in vigore una legge assurda, voluta dal governo illegittimo guidato dall'ebetino di Firenze, al secolo Matteo Renzi, attraverso cui d'ora in poi nelle assunzioni tramite i concorsi pubblici, non si guarderà più soltanto al voto di laurea (e già qui ci sarebbe molto da obiettare, sulla validità effettiva del valore legale del titolo di studio....). Ma verrà inserito quale ulteriore criterio di valutazione, anche l'ateneo di provenienza (si, avete letto proprio bene!), secondo i parametri (anche questi assai opinabili) stilati dall'ANVUR (Agenzia Nazionale di Valutazione del Sistema Universitario e della Ricerca, nda) che ogni due anni redige un rapporto appunto sullo stato di salute delle nostre facoltà.

Dall'ultimo documento emerge un quadro a dir poco sconcertante, dal momento che nelle prime 20 posizioni non vediamo neppure un'università che sia ubicata al di sotto della fatidica linea di confine del Garigliano. Nelle prime posizioni infatti notiamo Padova, la Bicocca di Milano, Verona, Bologna, Pavia e via discorrendo tutte le altre. È solo nelle posizioni di retrovia che troviamo la Seconda  Università di Napoli e la Federico II. Non è un mistero che purtroppo le Università del meridione siano alle prese con gravi problemi di carattere strutturale, che debbano fare i conti con i pesanti tagli che hanno subito in questi ultimi anni e che di questo ne abbia risentito pesantemente l'offerta formativa, inficiata oltremisura.

Ma la cosa che lascia a dir poco sconcertati ed amareggiati in questa vicenda e' che non si tiene invece debitamente conto della preparazione culturale e professionale di chi ha conseguito la pergamena in facoltà come la Federico II, il Navale o l'Orientale di Napoli, l'Aldo Moro di Bari o quelle di Palermo e Salerno, solo per citare quelle che adesso vengono alla mente. Atenei che vantano una lunga e secolare storia, come la Federico II voluta dal grande imperatore svevo nel XIII secolo e che fu fra le prime addirittura ad essere fondata nel Vecchio Continente. E da cui è nata - solo per citare un dato inconfutabile - una scuola di giuristi e di cultori del diritto particolarmente prestigiosa, prendendo spunto dalle famose "Costitutiones Melphitanae" come innumerevoli sono stati il prestigio ed i riconoscimenti internazionali, che nel tempo hanno ricevuto quegli studenti che hanno sviluppato un notevole talento e dato il proprio preziosissimo contributo anche nei progressi della ricerca scientifica, a vari livelli. Ci sono insomma tutti gli elementi per poter a giusta ragione parlare di un provvedimento scellerato, oltre che inusitatamente discriminatorio nei confronti di una terra che qualcuno vuole continuare a voler per forza dipingere solo come culla di fenomeni malavitosi e criminosi. Oltre che priva di cultura ed incapace di creare del capitale umano, che può invece essere un carburante assai importante per rimettere in moto un'economia come la nostra, duramente provata da anni ed anni di una crisi voluta a tavolino da potentissime lobbies. A dir poco sdegnata, la reazione della Principessa Yasmin Von Hohenstaufen, discendente diretta di Federico II, che non lesina durissime bordate nei confronti di chi ha stilato questa particolare classifica. "Si tratta di un becero tentativo - esordisce - di tener sotto controllo e di omologare i cervelli. Il popolo napoletano poi per sua natura è ribelle alle regole ed è geneticamente poco incline all'asservimento. Ha inoltre un senso del ridicolo ed una tradizione che lo induce a burlare i prepotenti. Non essendo quindi un servo a comando, è molto pericoloso per l'ordine precostituito. Qui come accademici, vogliono i Findus surgelati! Questa decisione e' un'autentica offesa nei confronti dell'intellighenzia partenopea! E' vero che l'ateneo napoletano e' organizzato in maniera molto disordinata, che andrebbe assolutamente migliorato, e che nulla fa per trattenere le proprie eccellenze. Ma se si giudica ad esempio l'intellighenzia del settore oncoematologico, basti pensare ai prestigiosi riconoscimenti internazionali, che hanno sancito che la vera Harvard è a Napoli, almeno nella ricerca scientifica. O magari l'indiscutibile contributo che la Capitale del Sud ha da sempre dato al mondo giuridico. Così come è auspicabile che nell'anno dell'Anniversario della Federico II, l'Ateneo diventi onfalos e leadership vivente della Pax Federiciana che unisce le più antiche Università del Mondo, dal mondo Arabo con AL-Qarawiyyin in Marocco alla Università di Salerno ad Oxford, ed annichilisce le grottesche fantastiche sovrastrutture della propaganda razzista che vuole imporre alla cultura plurisecolare barriere nord-sud".  
La Principessa poi non risparmia battute al veleno sulla classifica stilata dall'ANVUR e mette in discussione l'intero sistema universitario. "Faccio francamente una grande fatica - attacca - nel comprendere come le Università del Nord, inclusa Milano, possano trovarsi ai primi posti, considerando che è il tripudio della parentopoli dove fanno carriera i figli, i nipoti, i cognati, le mogli, le amanti ed i loro parenti, mentre i cervelli migliori come al solito sono costretti ad emigrare. Mettono sempre il cappello su un posto prima che questo sia disponibile. Un legame pernicioso peggio di cosa nostra o della 'ndrangheta che sostiene le carriere dagli atenei, istituti, ministeri, lobby, cliniche, ospedali... Insomma, un autentico cancro non estirpabile con comuni strumenti, e per il quale occorrerebbe un vero "sturm und drang", ovvero tempesta ed impeto. In tal senso, chiedo che l'Ateneo sia proclamato patrimonio dell'umanità UNESCO, così come annuncio che qualsiasi tentativo di declassamento sarà considerato vilipendio dello spirito stesso di Federico II. E come tale - tuona - legalmente perseguibile, con tanto di richiesta risarcimento danni di immagine da parte di tutti coloro che con merito, amore e devozione all'Ateneo hanno conseguito la laurea presso una delle Università più antiche e prestigiose del mondo". L'ennesima evidente aberrazione nei confronti del Sud, che vede dunque umiliata anche una propria risorsa, dal valore inestimabile. E che mortifica oltremisura i sacrifici di tantissimi giovani (e delle loro famiglie), che coronano anni ed anni di duro studio e lavoro, ottenendo la laurea in facoltà dove - e chi scrive ne sa qualcosa perché proprio in una di queste università del tanto vituperato Mezzogiorno, ha completato il proprio percorso formativo - ogni anno esportiamo delle eccellenze di un certo rilievo.
Come è il caso di Roberto Carlino da Napoli, 26 anni, che, una volta conseguita la laurea in Ingegneria Aerospaziale, ha trovato lavoro nientemeno che all'ente spaziale americano, ovvero la NASA! E questo dopo che - incredibile, ma vero - e' stato scartato in questi anni da qualche sapientone di casa nostra! Viene a questo punto spontaneo chiedersi quale titolo può vantare chi stila queste bizzarre e grottesche classifiche, visto e considerato che questo ragazzo (ma il discorso vale per tutti quelli che ogni anno vivono una sorte simile, e sono decisamente troppi!) ha trovato il meritato riconoscimento al di fuori di un paese ridicolo come questo, capace solo di umiliare ed offendere, da sempre, gli abitanti del Sud e delle Isole! Basterebbero ed avanzerebbero da sole le dichiarazioni rilasciate da Carlino a "Il Corriere del Mezzogiorno", per capire che il problema non è il laureato del sud, ma un sistema marcio, inefficiente, costoso, corrotto e che poco o nulla fa, per dare un futuro ed una speranza alle proprie risorse migliori. Non c'è da stupirsi infatti se quasi tutti quelli che scappano via da questo paese, dove la raccomandazione, l'incapacità, il lavativismo ed il fancazzismo, prevalgono e trovano  terreno assai fertile a scapito del merito, della professionalità e della capacità, decidano poi di non tornarci mai più!

Francesco Montanino

rassegna stampa:




sabato 4 luglio 2015

PRODOTTI TIPICI DEL MADE IN ITALY: CON LA NUOVA NORMATIVA EUROPEA ANCHE IL FORMAGGIO FINISCE IN "POLVERE"


Ha destato molto scalpore e scatenata l'indignazione di tanti cittadini, la querelle sulla controversa direttiva comunitaria che prevede anche per il nostro paese, la possibilità di utilizzare il latte in polvere nei prodotti caseari, ed in particolare nei formaggi.
Una questione sulla quale però occorre fare chiarezza perché in realtà tutto nasce da un'altra direttiva che ha permesso, già da tanti anni, ai produttori francesi di conquistare i mercati europei (compreso naturalmente il nostro), proprio grazie al fatto che i loro formaggi possono essere prodotti appunto con il latte in polvere.
Una delle tante cervellotiche trovate dei burosauri europei, che in questi anni non ci hanno pensato due volte a colpire il nostro comparto agroalimentare. Già duramente colpito dalla crisi, e che deve pure fare i conti con certi orientamenti comunitari a dir poco bizzarri e discutibili, come la questione delle quote latte, le tonnellate di arance siciliane che ogni anno siamo costretti a mandare al macero solo perché costretti ad importare quelle spagnole e marocchine, o il mistero del vino prodotto in Cina con quelle che sembrerebbero in realtà essere sostanze coloranti!
Ne abbiamo parlato con Oreste Rossi, ex eurodeputato della Lega Nord e di Forza Italia e caduto nell'occhio del ciclone perché firmatario di quell'interrogazione al Parlamento Europeo che - a detta di molti - e' stata quella che ha originato il polverone di questi ultimi giorni. E con Marco Tiberti dell'Associazione dei Consumatori "European Consumers" che da anni si batte contro la multinazionale degli OGM (la Monsanto), e che sul latte in polvere come si leggerà più avanti ha assunto una posizione assai critica.
Due punti di vista decisamente contrapposti ma giornalisticamente necessari, affinché ciascuno possa farsi un'idea corretta in una vicenda dove, come vedremo, emergono evidenti le responsabilità, in realtà poche volte sufficientemente sottolineate, di istituzioni europee come al solito mai dalla parte dei cittadini. E che, quale danno che si aggiunge alla beffa, non perdono piuttosto l'occasione per danneggiare anche le nostre imprese. 
"Innanzitutto - ci tiene a precisare Rossi - io non ho chiesto nessuna direttiva alla Commissione Europea, e nessuna direttiva è stata fatta. Semplicemente ho contestato il fatto che in tutta Europa si potessero produrre gli yogurt con il latte condensato (in vendita in qualunque supermercato) mentre in Italia no. Attenzione, questo significa che chiunque poteva importare quei prodotti in Italia liberamente. Ed era altrettanto ovvio che i costi per le nostre imprese aumentavano. In Europa esiste da anni una direttiva che lo permette, e solo in Italia quei prodotti si potevano vendere ma non produrre. La possibilita' di farlo anche da noi non comporta nessuna differenza per il consumatore, se non una diminuzione dei prezzi. In Francia per rendere l'idea si trovano yogurt a 25 centesimi. Naturalmente poi sta al consumatore comperare quello che preferisce leggendo bene l'etichetta, e scegliendo in base ai suoi gusti e possibilità. Per i prodotti di qualità, inoltre, esistono disciplinari che prevedono uso del latte intero, e tali continueranno ad essere applicati. Si tratta chiaramente di prodotti di fascia piu' economica. Comunque non dimentichiamo che il latte in polvere è usato per l'alimentazione dei neonati e per gli sportivi. Così come le proteine degli integratori, derivano dal latte in polvere. Quindi, nulla di nuovo sotto questo punto di vista. Semplicemente, alcuni prodotti che vengono preparati usando latte in polvere o concentrato, potranno essere prodotti anche in Italia anziché essere importati, e nessuno vieta nel contempo ai produttori di continuare a usare latte intero. Chi invece vendeva prodotti francesi o tedeschi o olandesi fatti in tutto o in parte con latte in polvere e di libera importazione, si troverà finalmente la concorrenza di chi li produrrà in Italia. 
Questo significa che non solo i caseifici non chiuderanno, ma avranno anche più   lavoro, potendo fare prodotti che fino ad ora si potevano solo importare".
Su cosa abbiano bisogno le nostre imprese agroalimentari per non subire gli attacchi della concorrenza sleale rappresentati dai prodotti copia, come ad esempio il Parmesan che è un'imitazione mal riuscita del Parmigiano, l'ex europarlamentare non ha dubbi, puntando il dito contro il nostro governo. "Per quanto riguarda la filiera alimentare credo che quella italiana sia la migliore al mondo e possa continuare a crescere grazie alle esportazioni. I prodotti contraffatti devono essere perseguiti in ogni modo. Qui si che il Governo dovrebbe battere i pugni sul tavolo europeo per ottenere che in tutti i Paesi aderenti sia vietata la vendita dei marchi fasulli o simili a quelli dop, non solo italiani ma anche francesi e di altri paesi. Certo - prosegue Rossi - dobbiamo stare attenti anche alle truffe di casa nostra come ad esempio lo scandalo dei prodotti bio che in realtà non solo bio non erano, ma che non erano addirittura neppure italiani. Oppure il caso clamoroso del tartufo d'Alba venduto in tutto il mondo a tonnellate, manco si coltivasse come le patate. Potrei elencarne ancora tanti altri di casi analoghi. Un passaggio, però, lo voglio fare sull'importanza della etichettatura. Mi preme evidenziare che mi sono sempre battuto perché fosse il più possibile chiara. Deve essere informato il consumatore che sceglie cosa vuole. E non la ditta che invece nasconde qualcosa. I produttori seri e di qualità possono aggiungere diciture che spiegano meglio il prodotto, come ad esempio "chilometro zero", così come "pasta tirata a mano" oppure "prodotto nella nostra cascina" e così via. Così com'è fuori discussione - conclude l'ex europarlamentare - che debbano esserci controlli seri e frequenti, e che chi sgarra deve pagare".
Di ben altro avviso invece Marco Tiberti dell'Associazione a difesa dei consumatori "European Consumers" che di latte in polvere nei formaggi ed in altri prodotti caseari, proprio non ne vuole sapere. "La Commissione Europea - premette Tiberti - ha inviato una lettera all’Italia per chiedere la fine del divieto di detenzione ed utilizzo del latte in polvere, latte concentrato e latte ricostituito per la fabbricazione di prodotti lattiero caseari, previsto da una legge nazionale che risale al 1974. Per Bruxelles la norma rappresenta una restrizione alla «libera circolazione delle merci». Per noi, invece è un vero e proprio anticipo del famigerato TTIP (Transatlantic Trade and Investment Partnership). Dal sito istituzionale del MIPAAF (Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali) si legge: "Il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali Maurizio Martina, in merito alla diffida da parte della Commissione europea sulla fine del divieto di detenzione e utilizzo di latte in polvere, tranquillizza la Nazione affermando:  “È importante comunque ribadire che non sono interessati da questa vicenda i nostri grandi formaggi Dop, per i quali non sarà mai possibile l'utilizzo di materie prime diverse da quelle previste dai disciplinari. Nel frattempo continueremo a portare avanti un lavoro di confronto con le organizzazioni agricole e con la filiera, insieme gli altri Ministeri interessati, per evitare penalizzazioni da parte dell'Unione Europea". Un distinguo gravissimo a nostro dire, che di fatto fa intuire una palese posizione di apertura del Ministro Martina alla decisione della Commissione Europea di produrre formaggi con latte in polvere, latte concentrato e latte ricostituito. L’ennesimo colpo al cuore del Made in Italy d’eccellenza, ove centinaia di caseifici italiani, per questa prona e suicida decisione del MIPAAF, rischiano di chiudere i battenti!! Rammentiamo al Ministro Martina che l’Italia, oltre a qualche decina di prodotti DOP, vanta ben 450 formaggi tradizionali fatti con latte fresco di alta qualità. Vogliamo forse rottamarli? Ripeto, 450 formaggi tra magri a pasta molle quali la crescenza, lo stracchino, la robiola, il fior di latte e la mozzarella. O magari più calorici come il mascarpone, ricavato dalla panna del latte, o ancora il burrino, lo squacquerone, il caciocavallo;  quelli sottoposti ad una lunga stagionatura, come il grana, gli erborinati, come il gorgonzola e il noto pecorino romano, siciliano e  sardo, per citarne alcuni.  Usando latte in polvere e concentrato si perderanno le proprietà organolettiche e nutrizionali dei formaggi che verranno completamente azzerate nel gusto, profumo e consistenza. Infatti, come è noto il latte cambia sapore persino in base all’alimentazione dell’animale, al periodo di mungitura, e se infime vive in pianura, in collina o in montagna. In conclusione, "European Consumers" e' assolutamente contraria alla decisione della Commissione Europea di usare latte in polvere, concentrato o ricostituito per i formaggi italiani, ed anzi invita i consumatori a prediligerli biologici ed OGM/free. Lo diano, per i motivi sopra esposti, alla BCE ed ai loro lacchè - rincara la dose Tiberti - perché come ho potuto ben dimostrare fa male. A dirlo, non sono però soltanto io, ma anche l'UNICEF e l'OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità, nda) che hanno evidenziato come ogni anno nel mondo un milione e mezzo di bambini muoiano per denutrizione ed altre patologie, perché non sono allattati con il seno materno. Dal punto di vista scientifico, infatti, il latte materno contiene sali e proteine indispensabili per la crescita. E la sua mancanza espone i bambini, sopratutto quelli delle società povere, ad un rischio di mortalità 25 volte superiore rispetto a chi invece ha la fortuna di poter ricevere il latte dalla propria madre. È possibile infatti ridurre le possibilità di contrarre leucemie, gastroenteriti, polmoniti ed infezioni alle orecchie, con il latte materno. Per non parlare poi della scarsa igiene del biberon! Il latte in polvere piuttosto è una fonte di guadagno formidabile per le multinazionali che lo producono, ed il mio sospetto è che queste direttive europee servano come al solito a privilegiare le lobbies ed i centri di potere. Ci sono troppi interessi economici in ballo come, ad esempio, testimonia la presenza della Nestlè (del gruppo Monsanto) in questo particolare business".

Sul destino delle produzioni nostrane, anche Tiberti se la prende con la totale indifferenza della nostra classe politica, non risparmiando vere e proprie bordate agli inquilini di Camera e Senato. "Non c'è assolutamente la volontà politica di tutelare il "Made in Italy" - sbotta il presidente di "European Consumers" - perché i nostri parlamentari sono buoni solo a fare spot per accaparrarsi i voti in campagna elettorale, ovvero solo quando serve loro. La nostra associazione è da anni che sta combattendo in prima linea per porre all'attenzione dell'opinione pubblica questi temi così scottanti, come quello ad esempio degli OGM. Occorre tutelare le caratteristiche geomorfologiche del nostro territorio, valorizzandone le immense risorse. Non abbiamo bisogno dei pesticidi, di OGM o di qualsiasi altra cosa - ribadisce Tiberti - che possa svilire la qualità delle nostre produzioni, danneggiando pure la nostra salute!"
Insomma, le posizioni sono molto chiare, e ciascuno si sarà certamente fatta la propria idea su questa particolare vicenda, dove l'elemento che accomuna sia Rossi che Tiberti sta nell'individuazione di enormi responsabilità da parte di chi dovrebbe essere preposto a tutelare i nostri interessi e che invece come al solito non lo fa, in nome di potenti interessi lobbistici ed economici.
Quel che è certo - casomai ci fosse ancora bisogno di un'ennesima conferma, in tal senso - è che l'Unione Europea continua e continuerà purtroppo a rappresentare un grosso pericolo ed un enorme ostacolo. Sia per la nostra salute che per l'attività dei nostri produttori, con prevedibili quanto negative ricadute occupazionali.

Francesco Montanino





domenica 17 maggio 2015

AUTONOMIA, FEDERALISMO O... SCHIAVITÙ ?


Cantù (PDN) - La Lombardia può aspirare legittimamente ad un futuro di libertà e di affrancamento dal regime tirannico di Roma Ladrona? La cappa centralista instaurata dal governo Renzi ha affievolito le legittime istanze di chi vede ancora nella soluzione federalista l'ancora di salvezza da decenni e decenni di malgoverno e mala politica?
Di questo ed altro, se ne è parlato in un interessante incontro pubblico tenutosi giovedì sera in un affollato Teatro "San Teodoro", nella cittadina brianzola alla presenza fra gli altri dell'ex Ministro del Bilancio e della Programmazione Economica ai tempi del primo governo Berlusconi, Giancarlo Pagliarini, del professor Giacomo Consalez, esponente di Pro Lombardia Indipendenza, del sindaco di Cantù Claudio Bizzozero, e del professor Marco Bassani docente di Storia delle Dottrine Politiche all'università Statale di Milano.
Moderato dal direttore de "L'intraprendente" Giovanni Sallusti, il dibattito è subito entrato nel vivo, affrontando il tema particolarmente sentito della rapina fiscale ai danni dei produttori e delle persone oneste e perbene. "Un autentico calvario - ha affermato Sallusti, introducendo l'incontro - in cui siamo in presenza di un residuo fiscale che in Lombardia non torna. Si tratta di tasse che spariscono dal territorio e rappresentano un unicum nello scenario europeo. Cito gli esempi della Baviera o della Catalogna, in cui qualcosa comunque torna. Ma non in Lombardia. Di fronte ad un quadro del genere le soluzioni sono due: o compare una figura simile alla Thatcher che tutela i produttori di cui sopra, anche se a dire il vero la vedo molto difficile visto che siamo in presenza di un Matteo democristiano e di un altro che ci sta portando verso il Front National. Oppure si avvia una seria riforma in senso federale di questo stato".
"Lo stato italiano - ha chiosato Giacomo Consalez, snocciolando una serie di impressionanti dati - si presenta con un debito pubblico di 2200 miliardi di euro ed un disavanzo previdenziale di ben 3700 miliardi di euro. Nella nostra regione c'è un numero di fallimenti che è aumentato del 60% rispetto al 2009, con ben 57 casi al giorno e settori come l'edilizia ed il commercio letteralmente falcidiati. La pressione fiscale sulle piccole imprese in Italia sfiora, secondo il Sole 24 Ore, il 70% e questo ci rende per niente competitivi rispetto alla Svizzera che dista da qui solo 10 km.! Qualcuno potrà venirmi a dire che lo Stato aiuta le piccole e medie imprese con gli oboli. In realtà, come diceva il grande professor Miglio anche il più mansueto dei cittadini si rende conto che esiste una coltre di parassiti che campano alle spalle di chi produce. Ed il bello è che a fronte della rapina fiscale che alimenta un'autentica cleptocrazia, riceviamo in cambio beni e servizi a dir poco scalcagnati! In 30 anni una famiglia lombarda media regala la bellezza di 720.000 euro senza ricevere nulla, ma proprio nulla, dall'itaglia! Abbiamo affidato i nostri destini a dei vero purosangue lombardi che hanno solo pensato ai propri interessi. Barattando la nostra libertà con la sicurezza promessa dallo Stato, mentre nella vicina Svizzera esistono degli strumenti di democrazia diretta con cui i cittadini possono fare referendum, cambiare le leggi, discutere e modificare il bilancio. L'esatto contrario di quello che accade qui, dove siamo sotto la scure di uno stato centralista che tutto controlla ed a cui tutti dovremmo essere devoti. Basta con questa carnevalata che risponde al nome - ha quindi concluso - di democrazia itagliana!"
Giancarlo Pagliarini ha invece esordito ricordato la data del 15 febbraio 2013, quando a Verona si è discusso della forma di stato che il Veneto dovrà avere quando quest'ultimo sarà indipendente. "La discussione pensate ha riguardato l'ipotesi di un Veneto indipendente ma centralista, oppure organizzato sotto forma di un cantone come accade in Svizzera. Il problema, sapete, e' che ci sono tanti bravi indipendentisti, ma incredibilmente continuano a litigare. Uno dei motivi di contrasto poi di cui spesso mi capita di discutere - ha osservato lo stesso Pagliarini - riguarda il confronto con la Svizzera che secondo alcuni è troppo piccola. Quando in realtà non è un problema di dimensione, bensì di organizzazione buona che permette di pagare meno tasse, avere più lavoro e di consentire una perfetta integrazione grazie ad un capillare controllo del territorio. Cosa possibilissima grazie al federalismo con cui gli enti locali riescono a garantire sicurezza e vivibilità. La soluzione sarebbe quella di avere una costituzione federale, ma purtroppo in Italia non si è mai parlato seriamente di questo tema. Non è un dare un 2 o un 3 euro in più o in meno, ma un modo diverso di concepire la vita. L'articolo 3 della costituzione della Svizzera dice molto chiaramente che i cantoni sono sovrani e questo significa che lo stato è al servizio dei cittadini, e non il contrario come invece accade qui! La diversità li' è una ricchezza, e non si crea un clima di contrapposizione perché con il federalismo si lavora insieme per il bene comune. Ed in più si crea una perfetta consapevolezza fra i cittadini che comandano e decidono anche di aumentare le tasse, con lo strumento del referendum. Se domani dovessimo andare al voto non saprei proprio a chi dare il mio sostegno perché non c'è nessuno che nel proprio programma parla di una riforma in senso federale dello Stato, magari prendendo spunto proprio dalla costituzione elvetica".
Tagliente come al solito l'intervento del professor Bassani che ha subito puntato il dito sul sistema itagliano. "Chiariamo subito: non esiste un problema italiano, perché è l'Italia ad essere un problema anche per gli stessi cittadini che vi vivono. La politica è riuscita a far progredire il Ticino che era un'area che un secolo fa si trovava in condizioni peggiori di Como. Al contrario di quello che accade qui, dove la politica conta anche per oltre il 60% e questo mi porta a dire con cognizione di causa che siamo in presenza di un autentico fallimento di uno stato che crea più problemi di quanti ne risolve. Sfido chiunque a provarmi il contrario! A fronte di questo livello di tassazione e di questa burocrazia, tempo 3-4 anni e la Lombardia crollerà sia perché i ricchi se ne stanno scappando, sia perché non c'è nessuna proposta di diminuire questa grande rapina fiscale. Ma c'è di più: tale oppressione fiscale è cresciuta quando è salito al potere quel partito - la Lega berluschina - che ha lasciato in eredità una voragine di quasi 400 miliardi di euro di debito pubblico. Siamo in presenza di una vera e propria schiavitù fiscale in cui voi lavorate per gran parte dell'anno (fino a Settembre) non per le vostre famiglie o per il vostro comune, ma per uno stato che non restituisce nulla e si tiene il residuo fiscale. Lo stato italiano è il migliore strumento del parassitismo politico, se pensiamo che in Puglia ed in altre ragioni questo fenomeno è particolarmente presente. Non pensando che siamo stati noi ad aver ucciso il Sud con questa solidarietà pelosa. Per generare un euro di spesa pubblica in Calabria bastano 27 centesimi di euro, in Lombardia invece ne occorrono ben 2,24! Ovvero qui si deve produrre ben nove volte in più, rispetto a ciò che fa un calabrese. Sfido che poi quest'ultimo voglia difendere questo status quo! Stiamo trascinando il Mezzogiorno a sud di nessun nord, parliamoci chiaro. Ed è per questo che occorre trasformare i confini da regionali a nazionali, e non si tratta di un salto nel buio come qualcuno vorrebbe far credere! 58 miliardi l'anno spariscono dalla Lombardia e l'assurdità e' che dobbiamo avere una spesa pubblica che non può superare il 35% perché ci sono altre regioni da mantenere con una percentuale che va dal 18 al 22%. Ditemi se tale sistema possa essere ragionevolmente difeso! O nasce un movimento realmente indipendentista oppure questa rapina fiscale proseguirà ancora! Il vero problema è che l'evasione fiscale è ancora troppo bassa, con punte un po' più alte in Veneto perché li si è accumulata ricchezza recente, al contrario della situazione in Lombardia dove lo stato sa dove si trovano i soldi! Fanno bene a Vibo Valentia o in altre parti del sud ad evadere, perché ci permettono di avere ancora un po' di residuo fiscale. O si tolgono i soldi della Lombardia dalle grinfie della classe politica oppure non se ne esce. L'Europa è fallita e le cose sono due: o ripudiamo il debito pubblico e facciamo la fine dell'Argentina oppure - ha poi concluso Bassani - diventiamo indipendenti e ci salviamo noi ed anche il Mezzogiorno".
Il sindaco di Cantù, Claudio Bizzozero, si è allineato sulla stessa falsa riga dei precedenti interventi, con un j'accuse molto impietoso e sottolineando come "la situazione nei comuni di questa zona è diventata ormai insostenibile! Sono molto arrabbiato perché chi lavora viene vampirizzato da uno stato che toglie anche più del 70% del reddito prodotto e che viene dato ad una claque di disonesti. Lo stato mi sta obbligando a buttare al vento il mio futuro, imponendomi scelte che non approvo ed un mare di tasse che servono solo a garantire il privilegio di pochi. In tre anni da primo cittadino, ricevo quasi ogni giorno persone che non ce la fanno più fra piccoli imprenditori che hanno chiuso bottega, giovani in cerca di lavoro, pensionati in cerca di sussistenza e chi ha purtroppo un'occupazione non ce l'ha più. Il tutto per mantenere anche i pensionati d'oro, mentre ce ne sono tantissimi altri che invece ricevono la minima. Così come ci sono tantissimi parassiti arroganti che se la godono senza neppure avere il pudore di onorare la mansione che rivestono. Ed una classe politica - ha poi concluso - che a noi ci restituisce le briciole dopo aver abbondantemente mangiato e sbafato sulle nostre spalle".
Poi la proposta, l'avvio di una costituente con tutti i comuni limitrofi attraverso un patto federativo. "Sarebbe bello - ha confermato Bizzozero - se trovassimo un denominatore comune, ovvero organizzazione, consapevolezza di ciò che vogliamo fare ed infine valorizzazione delle nostre diversità. Esattamente come la Svizzera, verso cui dovremmo incamminarci".

Francesco Montanino

sabato 25 aprile 2015

IL GENOCIDIO ARMENO, STORIA DI UN MASSACRO DIMENTICATO


Milano - Un secolo fa, l'Europa e' stata l'involontario teatro di un massacro di cui i libri di storia non hanno mai fatto cenno. Sul genocidio degli armeni è calata un'insopportabile cortina fumogena fatta di silenzi ed omissioni, probabilmente perché per qualche benpensante si tratta di una carneficina di poco conto e in quanto tale per niente meritevole di essere raccontata e fatta conoscere all'opinione pubblica. O magari per non urtare la suscettibilità di una Turchia, che conviene tener buona per evidenti ragioni strategiche e di geopolitica.
Come per i meridionali sterminati dall'esercito invasore dei Savoia e delle camicie rosse garibaldine, allo stesso modo anche questa popolazione caucasica ha dovuto sopportare il dolore e l'orrore di esecuzioni sommarie e di eccidi al di fuori di ogni logica di umanità, causate dalla crudeltà dell'esercito dell'impero ottomano.
La recente levata di scudi di Papa Francesco sembra però aver cambiato le cose, nonostante la riottosità di una Turchia che proprio non ne vuole sentire di fare i conti con la propria storia ed un ingombrante quanto imbarazzante passato, chiedendo finalmente scusa ad una popolazione che 100 anni fa ha subito una sorte che nel secolo scorso non è toccata solo agli ebrei, durante il periodo nazista. Ed ammettere il perpetramento di quello che - a tutti gli effetti - può essere tranquillamente considerato un crimine contro l'umanità.
Ankara - per mano del proprio premier Erdogan - ha protestato con la consueta tracotanza, e francamente si fa davvero una gran fatica a comprendere come questo paese possa pretendere di far parte di un consesso come quello europeo.
Di questo ed altro, se n'è parlato nel corso di un interessante convegno dal titolo "Il genocidio armeno: tra storia e memoria" organizzato dal consolato armeno e dall'associazione culturale "Horcynus Orca", e tenutosi in questi giorni al comune di Milano, nella prestigiosa cornice della sala Alessi.

La data del 24 aprile 1915 per molti probabilmente non significherà nulla. Ma non per un popolo - quello armeno - che fu vittima della barbarie perpetrata dagli ottomani, che poco o nulla di diverso aveva rispetto alla tanto pubblicizzata follia nazista.
Numerose le testimonianze anche toccanti raccontate nel corso dell'incontro, che hanno evidenziato come non possano più esistere massacri di serie A o di serie B.
Il tutto mentre, su uno schermo appositamente predisposto, scorrevano le immagini in diretta provenienti dalla capitale armena Yerevan, dove erano in corso le commemorazioni ufficiali per ricordare tale terribile ricorrenza alla presenza delle autorità religiose e politiche del paese, oltre che del presidente russo Vladimir Putin, e del premier francese Francoise Hollande.
"Molti racconti orali - ha affermato Gabriella Uluhogian, docente dell'Università di Bologna - sono giunti a noi in maniera assai frammentata, però finalmente stanno vedendo la luce, e testimoniano tutta la drammaticità di una situazione di cui si sa ancora troppo poco".
Giulia Lami e Luca Maggioni, docenti all'Università Statale di Milano, hanno invece sottolineato il fondamentale ruolo divulgativo dello storico e studioso Arnold Toynbee che per primo ha parlato di "massacro e di genocidio per i fatti accaduti fra il 1915 ed il 1916", in quell'area a cavallo fra i continenti europeo ed asiatico. "Per lui - ha affermato la professoressa Lami - la distruzione di una cultura era uno scandalo e quando vedo che il testo della Convenzione dei diritti Umani del 1948 non ha sufficientemente condannato il genocidio, alla luce di quanto era successo, provo una grande rabbia. Toynbee parla nei propri resoconti esplicitamente di distruzione di una nazione, ed i punti forti della sua analisi si basano sul fatto che c'erano una premeditazione ed un'intenzionalità da parte di chi si è macchiato di tali crimini".

Luca Maggioni ha invece criticato l'operato dei governi inglese e francese "che hanno si' aiutato la popolazione armena a liberarsi dall'oppressione ottomana, senza però preoccuparsi seriamente di pensare poi alla creazione di un apposito stato libero ed indipendente dell'Armenia. Toynbee in un primo momento si è molto interessato della questione armena, salvo poi cambiare opinione quando si è trovato coinvolto come cronista di guerra nella guerra greco-turca in cui capì che la parte degli oppressori la rivestivano, contrariamente a quello che credeva, gli ellenici. E' per questo motivo che si occupò della questione armena con minore vigore che in passato, e ciò non gli risparmiò pesanti critiche. In realtà la questione va inquadrata nell'ottica di uno scenario particolarmente complesso in una Turchia profondamente instabile dove da un lato occorreva provvedere a trovare un equilibrio politico soddisfacente. Dall'altro invece esisteva l'evidenza di un massacro e di uno sterminio patiti dalla popolazione armena, che portarono questo studioso britannico a porre sullo stesso piano questo genocidio con quello degli ebrei, durante la seconda guerra mondiale".
"Questo convegno - ha invece tenuto a sottolineare, Gaetano Giunta della comunità armena di Messina e presidente dell'associazione "Horcynus Orca" - non ha alcuna connotazione politica, contrariamente a quello che invece ha fatto intendere nei giorni scorsi l'ANSA. Si tratta piuttosto di un atto d'amore verso il popolo armeno".
Popolo armeno che "ha subito uno dei peggiori crimini del '900, che l'attuale governo di Ankara si rifiuta ancora oggi di voler riconoscere, non volendo spingere in maniera decisa è convinta verso la rappacificazione. E questo nonostante che in Turchia ci sia una minoranza piuttosto consistente che invece vuole fare piena luce su questa vicenda", così come ha ricordato la professoressa Martina Corgnati, raggiunta telefonicamente a Dzidzernagapert (la collina delle Rondini, nda) al Memoriale del Genocidio.

"Non bisogna più commettere l'errore di cadere nel negazionismo - ha osservato lo scrittore ed il presidente dell'associazione Gariwo, Gabriele Nissim - perché il genocidio di un popolo, passa anche per l'indifferenza ed il colpevole silenzio di chi sapeva, ma non è voluto intervenire", riferendosi all'operato di un governo tedesco che all'epoca dei fatti poteva fare probabilmente molto di più. Nissim ha in particolare evidenziato la figura di Armin Wegner che - sulla scorta di quanto avvenuto per gli armeni - scrisse alcune lettere ad Adolf Hitler, invitandolo ad evitare lo sterminio e le deportazioni degli ebrei per non farne ricadere (com'è poi accaduto) in futuro, l'onta sulla Germania.
"Wegner si vergognava come cittadino tedesco e si rivolse anche agli ebrei che vivevano nel suo paese - ha affermato Nissim - capendo che il principale problema che era alla base di tutto, era la conciliazione. Intesa come un valore per tutelare la moralità e l'integrità di una intera comunità. Perché la negazione continua da parte dei turchi del genocidio, metteva e mette a tutt'oggi in cattiva luce anche la parte buona di quel popolo, che invece non si riconosce in queste atrocità".
Particolarmente significativa la testimonianza del console onorario dell'Armenia in Italia, Pietro Kuciukian che ha esordito ricordando l'appello lanciato recentemente da Papa Francesco. "Mi hanno colpito molto il tono e la decisione con cui il pontefice ha condannato apertamente questo genocidio - ha evidenziato - perché per noi armeni questa è una tragedia interiorizzata. Le mie esperienze personali mi hanno portato alla ricerca di quei turchi che ho ribattezzato "i giusti ottomani" che invece hanno rifiutato di eseguire gli ordini e che per questo motivo sono stati considerati traditori della patria. Non possiamo assolutamente permetterci di generalizzare un intero popolo perché correremmo a quel punto il rischio di comportarci allo stesso modo di quei carnefici che invece continueremo a condannare".

Francesco Montanino




venerdì 2 gennaio 2015

PERCHE' VIENNA MERITA ZUBIN MEHTA E NAPOLI GIGI D'ALESSIO ?

"Napoli è la capitale musicale d'Europa, che vale a dire, del mondo intero": questo quanto ebbe a dire Charles de Brosses (1739) magistrato, filosofo, linguista e politico francese. La Scuola musicale napoletana o Opera napoletana sviluppatasi nell'area della città di Napoli lungo un arco di oltre cinque secoli, dalla prima metà del Cinquecento fino al primo Novecento, oggi non saprebbe di certo come giustificare l'esibizione del "maestro" Gigi D'Alessio nella piazza del Plebiscito davanti al Palazzo Reale, simbolo della Città che fu capitale del Regno di Sicilia. In verità non riusciamo a comprendere neanche noi del perchè nella Terra di tanti artisti, filosofi, scienziati, scrittori, dei siti storici mondiali come la Reggia di Caserta, Capodimonte, Palazzo Reale, il Teatro San Carlo e tanti altri incredibili luoghi, dobbiamo mostrare al mondo intero proprio "Gigi D'Alessio", tra l'altro attualmente coinvolto nello "scandalo di Roma capitale" e la cui ascesa è nota, così come la vicinanza alla peggiore feccia della politica napoletana e nazionale. A quelli che hanno snocciolato i risultati degli ascolti televisivi, sottolineando che il Capodanno di “Gigi D’Alessio & Friends” ha realizzato  3.973.000 telespettatori, per uno share del 22.75% su Mediaset, ci piace ricordare che un pò più a Nord, a Vienna in Austria, il tradizionale concerto del primo dell'anno della rinomata orchestra dei Wiener Philarmoniker ha suonato, anche quest'anno, davanti ad un pubblico stimato attorno al miliardo di persone, in occasione appunto del Neujahrskonsert, che si è potuto anche ammirare dal vivo o in TV in ben 40 paesi del mondo. Per l'evento, diretto dal grande maestro Zubin Mehta, che si è tenuto nella Sala d'Oro del magnificente Musikverein addobbato per l'occasione con fiori sanremesi,  i biglietti sono andati a ruba già da un anno prima. Senza voler aprire i tanti e tanti discorsi che si potrebbero fare per il caso in questione, ci poniamo un paio di interrogativi: ma cosa ha la splendida Vienna che Napoli non ha come luoghi che raccontano la cultura e la grande storia... e soprattutto, perchè a noi deve toccare l'imposizione non artistica di Gigi D'alessio e a Vienna quella artistica della musica immortale di tutti i tempi diretta da Zubin Metha?
 
G.V.







 
 
 








sabato 20 settembre 2014

LE LEGHE VERE UNISCONO

 
Le Leghe si dall'antichità univano popoli diversi per combattere un nemico comune... ed è stata la mancanza di spessore culturale di chi ha fatto certi discorsi al Nord propagandando l'egoismo e il razzismo al posto del rispetto dell'autonomia e delle diversità, che ha generato una erronea avversione verso una moderna e pratica forma di governo dei territori (basti vedere l'esempio della Svizzera) che è il federalismo. Il nostro Paese nasce male perchè frutto di interessi stranieri che hanno voluto una "unione forzata" di territori e genti profondamente diversi. Settecento anni di Stato Meridionale non possono essere cancellati da centocinquanta anni di annessione avvenuta con il sangue. Ripartiamo da ciò che sappiamo essere stati con certezza e poi liberamente, magari insieme ad altri Popoli liberi e sovrani, decideremo se fare un'altra Italia o un'altra Europa...

Gianfranco Vestuto

martedì 26 agosto 2014

IL LATO NASCOSTO DEL PENSIERO DI ADEL SMITH


Alcuni giorni fa, si è spento dopo una grave malattia il noto teologo di religione islamica Adel Smith, salito agli onori delle cronache più di 10 anni fa per la nota battaglia contro l’esposizione del crocefisso nei luoghi pubblici. E che è anche stato, fra le altre cose, candidato alla Provincia di Napoli per la Lega Sud Ausonia nel 2004.

Molto è stato detto e scritto, a proposito di questo controverso personaggio, che ha scatenato un vivace dibattito nell’opinione pubblica di questo paese, sulla laicità e su altre delicate questioni di carattere religioso.

Per una singolare coincidenza del destino, si torna a parlare di lui in un momento in cui sta crescendo la preoccupazione e la diffidenza nei confronti della religione islamica per le efferate violenze perpetrate da parte dei jihadisti, soprattutto in paesi come Libia ed Iraq. Ovvero in quei due paesi recentemente “beneficiati” dalla democrazia americana, dopo che sono stati eliminati Gheddafi e Saddam Hussein.

Volendo stendere un velo pietoso su certi commenti offensivi che qualcuno gli sta rivolgendo, pur essendo deceduto, sui social network dimostrando di non essere certo migliore, in quanto a manifestazioni di odio e di livore, dei crudeli tagliagole (o presunti tali) che inneggiano all’estremizzazione della religione musulmana, cerchiamo di riportare per onestà intellettuale – sperando di apparire chiari ed in modo totalmente asettico – quella che probabilmente è una parte assai poco conosciuta, perché tenuta subdolamente nascosta dal regime, del suo pensiero.

Un’analisi lucida e razionale che parte naturalmente dalla religione e dalla spiritualità, ma che spazia su altri delicati ambiti come quello politico che, e lo ribadiremo alla fine di questo articolo, vanno tenuti assolutamente separati gli uni dall’altri.

Lo facciamo evidenziando alcuni tratti salienti di questa intervista, rilasciata nell’ottobre 2012, all’emittente locale abruzzese “Tele 9” (https://www.youtube.com/watch?v=OwM6z8Iun9M&feature=share), in cui lo stesso Smith esplicita molto bene il proprio pensiero, facendo piuttosto capire assai chiaramente che il vero bersaglio della sua critica è la Chiesa Cattolica, insieme a certi suoi contraddittori comportamenti.

Il tutto partendo da una disquisizione di rigoroso carattere teologico che non fa una grinza e che è ben lontana dallo stereotipo montato ad arte dai media di regime sul suo personaggio, in questi anni.


La Chiesa Cattolica – risponde alla domanda dell’intervistatore, Adel Smithha portato nel corso dei secoli, il cristianesimo ben lontano da quelli che erano gli originari insegnamenti di Gesù Cristo, con atteggiamenti a dir poco devianti e fuorvianti. Ha infatti assorbito tutte le forme esistenti del paganesimo, compreso il marianesimo (l’adulazione della Vergine Maria, nda), che porta all’adorazione di oggetti, come ad esempio le statuine. Cosa che è ben lontana da ciò che invece prescrive la Bibbia, che in realtà è contraria sia all’adulazione, che all’idolatria. Ciò significa che non si possono adorare gli oggetti come le statue, semplicemente appunto perché la Bibbia non lo contempla. L’unico personaggio che ha un ruolo fondamentale nella religione, piuttosto, è la divinità. Ovvero nel caso specifico, Dio”.

Aspetto poi ripreso ed ulteriormente rafforzato in quest’altro video (https://www.youtube.com/watch?v=jLxcTsQpabM), in cui Adel Smith evidenzia come “il buon cristiano sia quello che mette in pratica e segue gli insegnamenti di Gesù, e non certo quelli della Chiesa Cattolica” ed anche che “la Bibbia, sia nel Vecchio che nel Nuovo Testamento, condanna apertamente l’idolatria. Paolo, nella lettera ai Romani, del resto parla malissimo di chi venera ed ha scambiato l’immagine della divinità vera con i pezzi di gesso! Gesù ha detto che bisogna vestirsi in maniera sontuosa come fanno i cardinali che hanno pure l’anello d’oro, o andare in giro con la Mercedes? Penso proprio di no! Piuttosto predicava ed insegnava ben altre cose!”.

L’attacco alla Chiesa Cattolica si fa ancora più forte e diretto, così come evidenzia nel primo video a proposito dell’analisi sulla crisi economica che attanaglia il nostro paese, ormai da troppi anni. Sottolineando poi certi atteggiamenti del clero che sono decisamente lontani anni luce dai precetti di Cristo che piuttosto predicava l’umiltà e la sobrietà, mentre invece sappiamo benissimo che così non è, considerando ad esempio l’esistenza dello IOR, ovvero della potente banca vaticana.

Pur essendo l’intervento datato di quasi due anni, è tutto sommato ancora attuale considerando che l’attuale premier abusivo Renzi ha peggiorato ulteriormente la situazione, proseguendo sulla nefasta falsa riga inaugurata dal massone Monti. “Stanno togliendo tutto ai cittadini – osserva Smith – ma non l’8 per mille alla Chiesa Cattolica. Mi chiedo per quale ragione vengono dati tutti questi miliardi a gente che non lavora, come certi preti e certi sacerdoti! Molti di loro commettono reati come la pedofilia e faccio davvero una gran fatica a comprendere perché ricevano così tanto, senza fare niente e vivendo insomma da parassiti. Siamo noi a chiedere loro di andare a lavorare, di produrre per il paese e di smetterla di succhiare soldi – come tutte le agevolazioni che ancora oggi ricevono, dall’editto di Costantino in poi – come fanno ormai da sempre. È la più grande truffa della storia, perché la Chiesa Cattolica è riuscita addirittura a falsificare un documento che si chiama “Donazione Costantiniana”, in cui asserisce che l’Imperatore Costantino le abbia ceduto tutti i beni appartenenti all’Impero Romano! Ripeto, è un grossolano falso e per questo motivo posso dire tranquillamente che non esiste un’associazione a delinquere più grande di questa. Se uno poi vuole donarle qualcosa, è assolutamente libero di farlo. Ma ciò non toglie che quei personaggi devono produrre, perché per colpa loro stanno chiudendo gli ospedali, togliendo addirittura l’acqua ai malati! E questo è anticristiano, antiumano e pure vergognoso!

Nota poi la posizione di Smith sugli Stati Uniti d’America, bersaglio in un suo libro (Iddio maledica l’America, nda) all’indomani della tragedia dell’11 settembre: “Repubblicani o democratici che siano – afferma senza troppi giri di parole – non cambierà mai nulla. I personaggi contano ben poco, perché sappiamo chi c’è dietro di loro. Ovvero, le lobby dell’alta finanza”.

Nell’intervista, poi, una previsione sulla situazione italiana per i prossimi 5 anni, con una proposta politica abbastanza interessante. “Anche se è difficile fare delle previsioni – premette – la vedo messa molto male. Potrebbe esserci una piccola via d’uscita, ma credo sarà assai breve perché c’è un gruppo di persone che vuole appropriarsi delle ricchezze di molti paesi. L’alta finanza sta lavorando per prosciugarci dei nostri beni, ed i nostri governanti sono piuttosto delle marionette nelle mani di questo potere nascosto, mettendo anche per il futuro ancora altre tasse. È per questa ragione che ritengo sia giunto il momento di autogovernarci. Il popolo deve gestirsi da sé, visto che i politici hanno fallito. Sono per l’autogoverno del sovrano che, in questo caso, è il popolo. Non è più necessario eleggere ad esempio il Presidente del Consiglio perché, secondo me, potremmo assumere delle squadre il cui compito sarà quello di produrre leggi che poi saremo chiamati a votare direttamente, approvandole o respingendole, attraverso un semplice click del computer. Con le nuove tecnologie, potremmo risparmiare tantissimo ed abbattere i costi. Oggi i rappresentanti del popolo vanno contro quelle stesse persone che li hanno eletti. Basta con questa democrazia indiretta, e con essa l’idea che occorra sempre qualcuno che faccia da tramite!”

Infine, un passaggio sulla spiritualità che forse rappresenta l’essenza del suo pensiero. “La religione – puntualizza – è una questione di coscienza, che ciascuno di noi porta dentro di sé. Se uno veramente crede in qualcosa, lo deve fare in maniera integrale, ovvero totale. Se la moderazione mi dice che devo tralasciare ¾ di ciò che mi indica la mia religione, islamica o cristiana che sia, quella si chiama ipocrisia! O la abbraccio totalmente, oppure credo in altro. Fermo restando che – conclude - ognuno può crederci o meno, senza che ci sia qualcuno che glielo imponga!

Proprio quest’ultimo passaggio merita un’attenta ed accurata riflessione, dal momento che appare intuibile che quel “qualcuno” di cui parla Adel Smith nella parte finale di questa intervista, sembra essere lo Stato!

Intendendo per tale quell’entità che vorrebbe imporci anche la religione e la divinità a cui credere. E questo discorso - è bene evidenziarlo - vale tanto per quegli stati come il nostro che impongono la religione cattolica, quanto per quelli che adottano quella islamica o induista.

È forse qui che occorrerebbe fare un passo indietro perché, a parere di chi scrive, temi delicati come la religione, la spiritualità e la politica non possono essere per nulla mescolati.

Diffidiamo e continueremo a farlo, infatti, di quei personaggi che fondano partiti che si richiamano a Dio, siano essi cattolici, musulmani o di altra religione, perché riteniamo che la spiritualità debba continuare a restare un qualcosa che sia patrimonio e pertinenza dell’intimità di ciascuno di noi, e che vada piuttosto vissuta come meglio si crede, senza però che ciò limiti in alcuna maniera l’altrui libertà.

E non certo il solito modo per ostentare ipocritamente qualcosa con cui poter sperare di far leva sulle masse, e gestire così in maniera scellerata ed egoista il potere! Anche e soprattutto – e lo sottolineiamo - a rischio di scatenare indesiderate e pericolose guerre...

 Francesco Montanino