Una
storia di bugie, depistaggi, morti misteriose ed inconfessabili verità. Il caso
Ustica torna a far parlare di sé. E lo fa grazie alla proiezione di
un film, in questi giorni in uscita nelle sale cinematografiche, che vede la
luce dopo uno scrupoloso lavoro di indagine e di ricostruzione di 4 anni
portato avanti dal regista Renzo Martinelli, non nuovo a questo tipo di opere.
Basti pensare a “Vajont” o a “Piazza della Cinque Lune” in cui in passato si è
occupato rispettivamente della tracimazione della diga che spazzò via in
pochissimi minuti il paese di Longarone in Veneto, ed anche del caso Moro.
Stavolta
è il disastro di Ustica a cadere nella lente di ingrandimento di Martinelli,
con l’avanzamento di un’ipotesi che fino ad ora non è mai stata presa in dovuta
considerazione: il DC-9 dell’Itavia è stato speronato da un aereo militare
americano mentre quest’ultimo stava dando letteralmente la caccia ad un MIG
libico, di ritorno dalla ex Jugoslavia, dopo un’operazione di rifornimento che
all’epoca dei fatti si è poi scoperto essere di routine. Dopo la tesi subito scartata
del cedimento strutturale di un aereo che in realtà, pur avendo diverse ore di
volo alle spalle, era in condizioni perfette così come un’eventuale manovra
azzardata del pilota, si sono fatte subito strada la presenza di una bomba a
bordo e l’abbattimento a causa di un missile sganciato per sbaglio da un jet
francese, anch’esso presente in quel tratto di mare fra Ponza e l’isola di
Ustica, diventato per un paio di ore un vero e proprio teatro di battaglia che
ha visto coinvolti, l’Aeronautica Militare la Francia e gli Stati Uniti.
Al
posto sbagliato, al momento sbagliato un aereo civile: il DC-9 con a bordo 81
persone, che stava completando la tratta fra Bologna e Palermo nel pomeriggio
del 27 giugno 1980.
Sullo
sfondo, l’atteggiamento ambiguo dell’Italia che da un lato faceva (e purtroppo
fa ancora) parte della NATO e che dunque doveva piegarsi sempre e comunque ai
diktat provenienti oltreoceano da parte dei bulli guerrafondai a stelle e
strisce. E dall’altro, invece, stava provando a tessere rapporti diplomatici e
strategici sempre più stretti con i paesi che si affacciano sul Mediterraneo,
fra cui la Libia di Gheddafi. Con il placet dei servizi segreti, infatti, gli
aerei militari libici solcavano spesso e volentieri i nostri cieli, venendo
dunque meno a quanto invece chiedeva l’Alleanza Atlantica.
Cosa
che portò a far affermare a Giulio Andreotti come l’Italia avesse nel contempo
una sposa americana ed un’amante libica: una metafora quanto mai indovinata che
descrive in poche, ma eloquenti battute il classico atteggiamento di chi ha due
piedi nella stessa scarpa! Un doppio gioco, anche a scapito della vita di persone che erano entrate senza
volerlo e senza saperlo, in una una partita troppo più grande di loro!
A
differenza de “Il Muro di Gomma” di Risi che aveva paventato l’ipotesi del
missile che aveva abbattuto il DC-9, in “Ustica – Il film” si fa strada uno
scenario totalmente diverso. Nel lavoro di Martinelli, innanzitutto, si fanno
nomi e cognomi (nella fattispecie quello della NATO che ha impartito l'ordine di abbattere a tutti i costi il Mig libico perchè "intruso") e poi si analizza il ruolo del MIG libico, i cui resti furono
ritrovati appena tre settimane dopo nelle montagne della Sila, in Calabria.
Anche
se il medico che fece l’autopsia al pilota datò il decesso ad un periodo
coincidente con quello del giorno in cui avvenne la tragedia. Salvo poi
ritrattare tutto, probabilmente perché in ballo c’era qualcosa di assai grosso.
Sulle
modalità con cui quello che era divenuta vera e propria preda da catturare e
far sparire a tutti i costi, non è mai stata fatta sufficiente chiarezza. Le
attenzioni degli inquirenti, si sono subito e quasi esclusivamente rivolte sul
DC-9 i cui resti sono oggi esposti nel Museo della Memoria di Bologna.
Tralasciando invece il MIG libico, che di cose da raccontare ne avrebbe avute
davvero molte.
Così
come tanto ci sarebbe da dire con il trascorrere degli anni sulle morti – molte
delle quali avvenute in circostanze singolari, se non addirittura misteriose –
di diversi personaggi che hanno avuto un ruolo non secondario in questa
tragedia e che probabilmente avrebbero potuto dare una svolta decisiva alle
indagini. Indagini che in quasi 36 anni non hanno mai fatto piena luce, tanto
sul movente quanto sulle responsabilità e le omissioni che una non meglio
precisata “ragion di stato” ha messo sul piatto della bilancia, ritenendo la
morte di 81 povere persone un qualcosa che non meriti una spiegazione! Ed in
questo caso, anche e soprattutto GIUSTIZIA, visto e considerato che stiamo
ancora attendendo di sapere la VERITA’ su quanto accaduto in quei drammatici
istanti in cui si stava combattendo, non ci stancheremo mai di ripeterlo, una
vera e propria battaglia aerea nel cuore del Mediterraneo.
È
l’atteggiamento arrogante e prevaricatore degli yankees a giocare un ruolo
decisivo negli attimi immediatamente precedenti al compiersi della tragedia.
Vengono allontanati sia i jet francesi “Mirage” che si erano alzati in volo da
Solenzara in Corsica che gli F104 dell’Aeronautica Militare partiti dalla base
di Poggio Ballone (Grosseto), per un ordine proveniente infatti direttamente
dall’alto comando NATO (dunque, dagli americani) che intima loro di farsi da
parte. E che nel mentre fa partire dalla base di Decimomannu due F5 Aggressor
allo scopo di abbattere senza preavviso il MIG libico, nel frattempo diventato
“bandit” ovvero un nemico da eliminare assolutamente.
Martinelli
in particolare pone l’accento su una manovra a dir poco azzardata e spericolata
del pilota di uno dei due F5 che non è passata inosservata all’addetto del
centro radar di Marsala: infatti compie un’incredibile virata per sfuggire al
controllo dei segnalatori, per mettersi sulla scia del MIG libico. Quest’ultimo
– una volta fiutato il pericolo – si pone di nuovo di fianco al DC-9 dietro cui
nascondersi, convinto che il jet americano non avrebbe mai sparato un missile
per abbatterlo visto che era involontariamente coinvolto un aereo civile che
intanto stava per iniziare la propria manovra di atterraggio all’aeroporto di
Palermo – Punta Raisi.
Inizia
il folle inseguimento da parte dell’F5, concentrato esclusivamente sul MIG allo
scopo di colpirlo, fino alla collisione fatale con il DC-9, che è la tesi su cui
è improntato il film. Tesi che spiegherebbe perché poi accanto ai resti ed ai
corpi delle vittime emersi a galla del DC-9, sono stati ritrovati quelli
dell'aereo militare statunitense: sediolino, casco ed alcuni rottami
che naturalmente sono scomparsi nel nulla. Aggiungendo ulteriori
interrogativi ad una vicenda che già di per se è assai ingarbugliata.
Non a caso, quando scorrono i titoli di coda del film ci si chiede cosa
ci facevano alcuni pezzi di uno degli F5 che aveva inseguito il MIG e
che fine essi hanno fatto. Tornando ai fatti di quella tragica sera, una volta che il DC-9 è precipitato in mare perché
colpito sulla carlinga dall’aereo militare americano, è facile capire poi come
sia andata a finire l’assurda “caccia alla volpe” che ha avuto luogo nei cieli
fra Sicilia e Calabria: missione portata a termine, con abbattimento del MIG
libico che si è schiantato nelle montagne della Sila e di cui in questi anni
poco o nulla, si è saputo.
Quello
che appare francamente insopportabile in questa attendibile ricostruzione fatta
dal regista Martinelli in un video postato sulla pagina Facebook dedicata al
film, è la solita arroganza dispensata a piene mani dagli americani che si
atteggiano a sceriffi, ovunque essi si trovano ed in qualsiasi circostanza in
cui siano presenti.
Così
come è ugualmente da biasimare la pavidità mostrata dal nostro governo che non
ha mai alzato la voce, o quantomeno chiesto valide ed esaurienti spiegazioni,
sull’atteggiamento di chi ha pensato di fare il padrone in casa altrui. Il
tutto perché l’itaglia da circa 70 anni, nei fatti, è diventata un’autentica
colonia statunitense e dunque se da Washington partono certi ordini, è naturale
che ci si debba comportare come il più ammaestrato e scodinzolante dei
cagnolini. Ieri come oggi, del resto!
C’è
da giurarci che molte ferite mai completamente rimarginate saranno riaperte.
Così come anche l’ostracismo che certi ambienti riserveranno ad un film
destinato a far discutere ed a suscitare polemiche. Nei giorni scorsi infatti
ha destato clamore, la decisione della giunta Pisapia che mal governa Milano di
vietare la riproduzione del DC-9 nel centro cittadino, realizzata per
annunciare l’uscita del film. Una decisione che ha fatto storcere non poco il
naso allo stesso regista che ha sottolineato, non senza una giusta nota
polemica, come “per la stessa identica area, a due passi dal Duomo, è stata
concessa l’autorizzazione nel 2013 alla Europe Assistance Italia, del gruppo
Generali, di allestire il sottomarino “L1-F3” con tanto di slogan “Tutto può
succedere””.
Il
disastro di Ustica continua ad essere avvolto nel mistero più fitto e – ne
siamo certi – tanti ancora saranno i lati oscuri che ostacoleranno una vicenda,
su cui la parola fine difficilmente sarà scritta.
Un
mistero inconfessabile che ancora oggi fa paura e che getta delle ombre sull’affidabilità
e la correttezza di quelle istituzioni che sarebbero chiamate ad amministrare
il potere, in nome e per conto dei cittadini. E che invece, come abbiamo avuto
modo di constatare anche e soprattutto in occasioni come queste, si sono sempre
svendute in nome di interessi particolari ed a dir poco imbarazzanti.
Sono
trascorsi anche qui quasi 40 anni, ma l’unico elemento che è ormai appare
chiaro e lapalissiano è la ritrosia dei governi coinvolti quando si parla di
una tragedia che – se chiarita – potrebbe mettere a repentaglio i rapporti fra
Stati Uniti, Italia e Francia.
Francesco Montanino