domenica 14 febbraio 2016

NASCE IL FRONTE DI LIBERAZIONE FISCALE




Cantù (PDN) – L’obiettivo è lo scontro finale con il regime di Roma ladrona, sul solco dell’esempio fornito dalla Catalogna. È stata presentata stamani in una piazza gremita di curiosi, giornalisti e semplici cittadini, il Fronte di Liberazione Fiscale che si pone quale principale scopo quello di ridurre la rapina fiscale e la spesa pubblica improduttiva. Diminuzione della pressione fiscale e previdenziale, con oneri e tributi che non devono mai superare il 40% del reddito, azzeramento della spesa pubblica improduttiva in modo che la spesa complessiva non eccedi mai il 30% del PIL ed infine trasformazione dello Stato centralista dei partiti in una Libera Confederazione dei Comuni. Queste le ricette con cui il FLF intende affacciarsi nell’agone politico, ponendosi quale obiettivo le Elezioni Regionali del 2018. Il tutto da compiersi dunque con un modello di organizzazione dello stato e della “res” che richiama tanto da vicino quello della Svizzera (presente anche nel simbolo di questo nuovo soggetto politico) che come ben sappiamo è fondato sul totale controllo da parte dei cittadini, sia della macchina amministrativa e burocratica che del modo con cui sono spesi i loro soldi.
Un’iniziativa senz’altro lodevole ed  assai interessante che può aprire prospettive di libertà e di affrancamento dal regime romanocentrico in quella stessa Lombardia dove il Governatore Roberto Maroni sta blandamente cercando di tenere a bada la rabbia e la protesta sempre più evidenti dei ceti produttivi, con quella pantomima nota sotto il nome di “referendum sull’autonomia”.
Il Fronte di Liberazione Fiscale – esordiva Claudio Bizzozzero, battagliero sindaco della città brianzola eletto in una lista civica, nonché presidente del nuovo soggetto politico – nasce in una piazza dedicata ai volontari della libertà e non certo per caso, perché ci siamo presi un impegno che trova origine quando ci incontrammo qui con Marco Bassani, che è il migliore allievo del professor Miglio circa un anno fa, discutendo sulla possibilità di dar vita ad un progetto politico innovativo. Stiamo lavorando su questa iniziativa, che oggi vede la luce, già da diversi mesi ed il nostro sguardo è rivolto al 2018, quando in Lombardia bisognerà votare per il rinnovo del Consiglio Regionale. Un tempo giusto, nel quale occorrerà lavorare bene sul territorio per prepararci nel migliore dei modi. Perché le regionali? Abbiamo preso atto che ormai a livello nazionale non c’è più niente da fare, dal momento che lo stato centrale è impermeabile a qualsiasi tipo di proposta di cambiamento vero com’è la nostra. È nelle Regioni, piuttosto, che si può e si deve lavorare. Ed in particolare quella Lombardia che ha circa 10 milioni di abitanti e che rappresenta circa ¼ del PIL nazionale dovrà un giorno avere il coraggio di andare allo scontro istituzionale con questo stato schiavista”.
Poi l’affondo sulla Lega Nord, mai pronunciata dagli organizzatori ma al quale Bizzozzero non risparmiava affatto pesanti stoccate. “C’è stato un partito – osservava - che ha governato le tre regioni più importanti d’Italia contemporaneamente, ovvero Piemonte, Lombardia e Veneto. Attualmente ne governa due, e nel 2018 è destinato a perdere sicuramente anche la Lombardia. Questo partito si trovava nella condizione migliore per andare allo scontro con lo stato centralista e schiavista, ed invece non ha fatto proprio niente di tutto ciò! E questo perché si trattava di un partito uguale agli altri, ovvero che è assolutamente affine a questo sistema che pensava e tuttora pensa ai propri interessi particolari. E non certo al bene comune, alle nostre imprese, alle nostre famiglie ed al nostro territorio! Per questo motivo occorre rimboccarsi le maniche, lavorando per conto nostro. Quando diciamo Lombardia o parliamo dei cittadini lombardi, non ci riferiamo certamente solo a chi ha il cognome uguale al mio, o magari si chiama Cattaneo o Bassani. No, intendiamo tutti quelli che condividono lo stile di vita lombardo vivendo qui e che si chiamano anche Esposito, Aiello, Macrì, Wang o Mohammed. Tutti quelli che vengono a vivere in questa terra e ne condividono stile di vita e valori, sono ugualmente lombardi e dunque, come si potrà facilmente intuire, anch’essi schiavi fiscali. Il cognome non può e non deve essere assolutamente una discriminante, perché anche questi sono cittadini lombardi! Ricordo ancora quando con la lista civica con cui sono diventato Sindaco, ci eravamo presentati qui a Cantù e qualcuno ci sbeffeggiava pure. Nel momento in cui siamo cresciuti, hanno iniziato a combatterci ed a prenderci sul serio. Ma nonostante ciò alla fine abbiamo vinto noi. Certo, la sfida delle regionali è più difficile, perché la Lombardia è un territorio molto più grande e complesso. Noi però ci crediamo e dobbiamo avere quella voglia di lavorare sodo che del resto da queste parti di sicuro non manca. Ora rideranno ma, vedrete, piangeranno nel 2018. I quattrini devono restare nelle mani dei contribuenti ed è insostenibile ancora oggi portare avanti quel discorso con il quale la pressione fiscale deve continuare a sfondare il 70%. Occorre ridurre il carico tributario non di due punti percentuali, come ama ripetere Renzi. Ma di almeno il 50%, perché solo così può ripartire l’economia. Altrimenti continueremo a raccontarci ancora un sacco di favole”.
Ma in che modo si potrà dimezzare la rapina fiscale con cui lo stato itagliano vessa i propri contribuenti, dando in cambio servizi di pessima qualità? Bizzozzero non ha dubbi in tal senso ed individuava nella spesa pubblica improduttiva, la voce su cui intervenire fornendo anche un ottima ipotesi di reinvestimento del residuo fiscale, che è argomento particolarmente sentito da queste parti. “Quel po’ di soldi – ha confermato il primo cittadino di Cantù - che escono, considerando sia le imposte dirette che indirette oltre ai contributi previdenziali, non può in ogni caso essere superiore al 40%. Quella della tassazione massima al 40% è una soglia limite che serve a sostenere la spesa pubblica. Di questa soglia che ripeto non deve mai essere oltrepassata, a sua volta il 90% deve restare nei territori. Questo è il nostro progetto politico che richiede genio e coraggio. La prima iniziativa la farò con la mia auto personale, con cui girerò prima per i comuni della nostra provincia e poi per tutta la Regione veicolando un messaggio che è la summa del nostro programma politico che – al contrario di quello dei partiti di destra o di sinistra che è racchiuso in veri e propri libri che poi nessuno legge – è riassunto in poche, semplici righe. Se il 90% del residuo fiscale resta ad esempio a Cantù, questo significa avere a disposizione servizi di qualità migliore come la sicurezza, le strade, le scuole. I partiti che parlano di sicurezza senza però avere i quattrini, fanno solo chiacchiere. I quattrini ci sono, ma siamo stufi ed incazzati che qualcuno ce li rubi. Ed è un discorso che allargo volentieri ai comaschi, ai milanesi ed a tutti i lombardi in generale che non ne possono più del PD, di Forza Italia, della Lega ed anche in sedicenti movimenti nuovi come il M5S, che si sono dimostrati incapaci di fornire una risposta valida. In merito agli elettori di Grillo, poi, sono convinto che si tratti di persone motivate da onesti intenti, però prive di un valido ed adeguato progetto politico per la nostra regione. Noi invece lo abbiamo e da questo intendiamo partire. Costruiremo il consenso, così come ha fatto in questi anni la Catalogna con la Spagna. La Lombardia allo stesso modo dovrà costringere Roma a sedersi attorno ad un tavolo, e lo farà avendo le idee assai chiare. Chi è interessato può andare sul nostro sito (www.frontediliberazionefiscale.org, nda), iscrivendosi per il comune in cui intende essere nostro referente. Da parte mia, sono disponibile sin dal prossimo lunedì sera a partecipare ad incontri con i cittadini, allo scopo di presentare e divulgare questa iniziativa. Non abbiamo assolutamente tempo da perdere, perché 2 anni e mezzo sono un lasso di tempo molto breve!”.
Ha poi preso la parola Giacomo Consalez, Consigliere della neonata formazione politica, che snocciolava cifre davvero impressionanti, parlando del residuo fiscale. “Non mi stancherò mai di ricordare – esordiva nel proprio intervento - che il residuo fiscale è la differenza fra ciò che esce dalle tasche di una comunità di cittadini, sotto forma di tasse, e ciò che ci rientra sotto forma di servizi quasi sempre scalcagnati, da parte dello stato centrale. Ebbene, la Lombardia ogni anno sborsa qualcosa come 60 miliardi di euro in più di quelli che tornano da Roma. Tradotto in soldoni, ogni cittadino lombardo paga la bellezza di 6.000 euro in più di quello che gli viene dallo stato centrale. Una famiglia composta da un capofamiglia, una moglie e due figli è costretto ad un salasso fiscale di 24.000 Euro annui aggiuntivi che non vedrà mai più. I figli intanto crescono e dopo 30 anni con questo meccanismo infernale, si arriva alla cifra spaventosa di 720.000 Euro che sono sottratti dall’educazione dei propri figli e dal loro futuro, oltre che dal nostro pensionamento. Mi chiedo
perché dobbiamo accettare questa situazione con uno stato come quello italiano che ci priva di avere una vita decorosa, trasformandoci in un territorio di relitti, quando questa è una delle aree più produttive del pianeta? Lo Stato va ridotto ai minimi termini, perché solo così possiamo evitare che continui a fare questi danni. Questo paese ha il 40% dei giovani disoccupati, e spende oltre il 90% delle proprie risorse in spese incomprimibili. Come si fa a pensare che questo paese, con tale assurda logica possa creare le basi e le aspirazioni per un futuro di benessere e prosperità? Noi pensiamo che dovranno essere le comunità territoriali a trattenere i soldi legati alle attività produttive dei cittadini e che il prelievo fiscale da parte dello Stato e delle Regioni sia portato all’osso, in modo che la ricchezza rimanga nelle mani dei cittadini. L’apertura della partita IVA non dev’essere più una forma di suicidio civile come purtroppo accade oggi, bensì un’opzione a disposizione di tutti per poter lavorare in maniera autonoma, creando i presupposti per il proprio futuro. Questi sono i principi in cui crediamo, e per questo motivo abbiamo scelto un simbolo che richiama molto da vicino la Svizzera. In quel paese, le imprese si vedono tassare i propri utili per appena il 20%. Al contrario di ciò che accade in Italia dove invece tale percentuale sale al 67%, con un tasso di disoccupazione superiore al 12% che fra i giovani supera il 40%. Pensate che in Svizzera la scorsa settimana si lamentavano che la disoccupazione era salita dal 2,5 al 3%! Scegliete voi che cosa preferite!”
L’ultimo ad intervenire era il Vice Presidente del FLF, il Professor Marco Bassani che esordiva ricordando una delle più grandi lezioni dell’indimenticato Gianfranco Miglio. “Se i lombardi sono tarantolati dal lavoro – rilevava – non è possibile che altre popolazioni salgano sulla loro groppa e vivevano sulle loro spalle. Il primo ostacolo ideologico da superare è quello di non ritenere la ricchezza una colpa, e che questo faccia accampare diritti da parte di altre popolazioni. I lombardi e la Lombardia sono con il cerino in mano, a causa di due immani tragedie: il debito pubblico italiano e l’apocalisse meridionale, che sono affrontati solo con un apparato produttivo letteralmente distrutto dallo Stato. O arriviamo ad un contenzioso con Roma e salviamo solo in parte tale apparato produttivo che è in avanzata fase di dismissione, oppure non esisterà alcun futuro per i nostri figli. Le regioni sino ad ora non sono servite a nulla, ma potrebbero improvvisamente diventare decisive perché sinora nessuno ha osato sfidare Roma sul proprio terreno. Il punto fondamentale è che il principio “una persona, un voto” a prescindere dal reddito, non può più andare avanti. Esistono aree che mantengono l’intero paese e che hanno tutto il diritto di decidere quale parte del proprio reddito elargire. Non possono essere i parassiti ad arrogarsi tale scelta, bensì chi produce! Non vogliamo, ci tengo a chiarirlo, la Lombardia a statuto speciale. Questo è un movimento di difesa e liberazione fiscale che – ha quindi concluso - è l’unica possibilità di sopravvivenza che possiamo dare alle future generazioni”.

                                                                                                          Francesco Montanino

mercoledì 9 dicembre 2015

IL CONTANTE, ULTIMO BALUARDO DELLA NOSTRA LIBERTA’



Milano - Dopo essere salita alla ribalta delle cronache economiche e politiche, nei mesi scorsi, in cui se n’è parlato con toni melodrammatici, la Grecia torna ad essere oggetto di discussione. Quella che un po’ tutti consideriamo come la culla della civiltà, fornisce interessanti spunti di analisi e di riflessione, perché le sue vicissitudini recenti sul proscenio europeo presentano tanti punti in comune con la realtà del Mezzogiorno. Deficit pubblico salito a livelli pazzeschi, sprechi, spesa pubblica e pressione fiscale arrivate alle stelle. Ed infine, abolizione del contante quale strumento di pagamento. Proprio quest’ultimo punto, è stato oggetto della presentazione dei libri “Elogio del contante” e “La Grecia in crisi: una cronistoria” che si è tenuta nel capoluogo meneghino ieri sera. Organizzata dal Tea Party Italia, il dibattito ha visto la presenza degli autori Leonardo Facco e Matteo Borghi che hanno illustrato ai presenti le tappe che hanno scandito le recenti vicende elleniche e di come possa cambiare la percezione dell’Europa, anche alla luce della vittoria del Front National nelle ultime elezioni regionali in Francia.
Ma il problema - come abbiamo sempre evidenziato ed è alla fine emerso anche in questa occasione - è di sistema perché è solo con la trasformazione di questo stato in una moderna entità federale che si risolvono, d’incanto, dei problemi che solo apparentemente sono slegati. Ma che in realtà trovano nel comun denominatore della pessima organizzazione e gestione dello Stato, la radice di tutti i mali. Così come nell’atavica difficoltà a scrostare una mentalità legata ancora a retaggi assistenziali, che è ancora dura a morire da queste parti.
“Il Tea Party Italia – ha esordito Fabio Bertazzoli, presidente della sede milanese dell’associazione liberale – si pone quale scopo di limitare l’ingerenza dello stato nell’economia. Non è da confondere con quello americano che in maniera più reazionaria e conservatrice si oppone ad una pressione fiscale del 30% che in noi suscita ilarità, considerando la ben risaputa situazione italiana. In comune abbiamo solo il nome, ed abbiamo pensato di organizzare questo evento perché riteniamo che questi due libri abbiano quale motivo ispiratore che li accomuna quello della libertà”.
Impressioni confermate anche dal collega Stefano Magni che ha ribadito come “paghiamo tasse ad uno stato esoso che in cambio ci da beni e servizi assai scarsi. Quando poi si chiede all’uomo della strada di chi è la colpa, a nessuno viene in mente lo Stato. Piuttosto si preferisce puntare il dito sulle banche, sulla finanza mondiale, sui rettiliani o sul Bilderberg Group. Molti italiani hanno ormai fatto propri i dettami profetizzati da George Orwell in “1984”, dando la colpa al liberismo come accade nei peggiori regimi totalitari. Manca il lavoro, la gente è stanca di pagare un mare di tasse ad uno stato sprecone ed inefficiente. E quella che era una battuta, purtroppo è diventata una realtà perché in tanti chiedono la dittatura. Pensiamo ad esempio alla difesa a spada tratta, da parte di certi media, di Maduro, vittima del neoliberismo e dei poteri tecnocratici. In questa estate abbiamo vissuto una crisi, quella greca, che è stato un attacco contro il neoliberismo. Da un lato si chiede maggiore stato, dall’altro invece minori tasse. Abolizione del contante e nazionalizzazione, sono tutt’altro che fantapolitica”.
Ha poi preso la parola Matteo Borghi che ha ripercorso le tappe della crisi greca che è iniziata “quando è stato eletto Papandreu che ha portato la spesa pubblica in alto. Il bilancio statale è peggiorato, quale effetto, ed era chiaro che erano necessarie politiche di austerity che non hanno solo riguardato la spesa pubblica. Ma hanno anche comportato un inasprimento fiscale ed un’eccessiva burocratizzazione. Ciò non è servito a nulla, perché gli sperperi non hanno per niente aiutato i più ricchi. Dal 1999 al 2009 sono aumentati dipendenti e stipendi pubblici, ed il tutto è stato finanziato a debito. Ciò ha prodotto un ammasso di debito pubblico che ad un certo punto è stato letteralmente impossibile da finanziare. Perché poi ci si trova costretti a pagare maggiori interessi ai finanziatori, per continuare a finanziare il proprio debito. Ma non solo: questa situazione ha portato ad una svalutazione per chi ha investito nel debito pubblico greco del 70%. Un altro dato interessante da constatare, riguarda gli sprechi che hanno riguardato i dipendenti pubblici: c’è chi aveva un’indennità per chi arrivava in orario, un sussidio per le figlie dei dipendenti pubblici fino a 40 anni di età, categorie come quella dei barbieri che andavano in pensione a 50 anni perché – testuali parole – “maneggiavano sostanze pericolose”. A ciò si aggiunge pure il clima di corruzione esistente, con l’arresto di ben 5 Ministri della Difesa, cui era collegato un maxi giro di tangenti che riguardavano gli armamenti. Si è data la colpa alle aziende tedesche che comunque ne hanno approfittato, senza però ricordarsi di ciò che hanno fatto i politici greci. Gli Tsipras di casa nostra,
hanno superato la tradizionale dicotomia destra-sinistra, perché tutti vogliono adottare politiche keynesiane: pensiamo a Salvini o Claudio Borghi  che per fortuna non è mio parente, che addirittura chiede di piantare ananas al Sud perché così si creano nuovi posti di lavoro. Ma anche Berlusconi o il Movimento 5 Stelle di Grillo che prima se la prendono con i politici, e poi chiedono più Stato perché loro sono bravi, belli ed onesti. Il centrosinistra renziano poi lo conosciamo tutti, SEL ed infine Alfano. Il panorama politico è deprimente, visto che tutti fanno a gara ad andare addosso al libero mercato. Dare la colpa al mercato o ai poteri forti è un comodo escamotage per i politici, per lavarsene pilatescamente le mani. Il dilemma del resto è sempre quello: vogliamo continuare ad affidarci come abbiamo fatto finora ancora allo Stato, o piuttosto vogliamo ridurne al minimo i propri poteri? Sicuramente, i partiti politici hanno tutto l’interesse a rendere pubblica ogni cosa. Occorrerebbe a questo punto una presa di coscienza da parte dei cittadini che porti ad una rivolta fiscale che però oggi nessuno vuole fare, perché si temono le ritorsioni di questo apparato statalista”.
Altro elemento toccato dall’analisi di Borghi è stata la burocrazia che “ha portato all’introduzione negli ultimi anni di ben 2.900 nuove regole fiscali che hanno reso assai complicato la situazione per le imprese. Indubbiamente c’è una certa responsabilità da parte delle istituzione europee, nella gestione della crisi greca. Ma per una ragione opposta che ci hanno fatto passare. L’immagine delle code dei cittadini davanti ai bancomat è emblematica perché ne ha ridotto la libertà di utilizzare il contante. L’Unione Europea non è riuscita a fare in modo che la Grecia continuasse a vivere di pastorizia e spesa pubblica, non facendo nulla affinché questo paese di non tagliare (se non troppo poco) gli sprechi. Solo la proprietà privata e l’impresa – ha poi concluso – possono garantire benessere e sviluppo”.
Che sia in atto una vera e propria guerra contro il contante, ne è convinto Leonardo Facco che data nel 2010, quando ci fu l’infausto avvento di Mario Monti, l’inizio “di una lotta che vuole toglierci l’ultimo barlume di libertà. Da non intendersi solo ed esclusivamente quale economica o monetaria, bensì di quella vera. Quando alla fine del libro, dico che i nazisti vennero a prendersi il contante e mi accorgo di non avere nemmeno i mezzi per protestare. Il denaro è un mezzo, uno strumento. Lo è perché è frutto di un processo che parte dalla conchiglia, passando per gli animali, sino ad arrivare – e stiamo parlando di 2.600 anni fa  circa – a scambiare con metalli preziosi, come oro e argento. Oggi siamo arrivati al punto di vergognarci di difendere il denaro e con esso la proprietà privata. E ciò è inaccettabile”.
In merito alla crisi greca, Facco non ha utilizzato mezzi termini scagliandosi contro la classe politica ellenica. “Sono colpevoli, come lo possono essere i pedofili – ha tuonato – e se pensiamo che anche da noi ci sono certi personaggi pubblici come Alessandra Moretti che ha invocato la privacy, quando gli è stato chiesto come ha speso i nostri soldi, allora si capiscono molte cose. Un elemento che mi ha sempre interessato di questa categoria che non smette mai di contraddire se stessa, ad esempio riguarda il denaro digitale sul quale ognuno di essi è d’accordo. Salvo poi avversare con tutte le loro forze, il bitcoin. L’abolizione del contante è un modo subdolo con cui vogliono controllare la nostra vita. Prima facendovi passare per evasori fiscali, come se il fatto di accumulare ricchezza sia una grave colpa. Poi sopprimendo ogni altro tipo di libertà. E questo al solo scopo, ripeto, di controllare la nostra vita. Qui è in gioco qualcosa di assai importante, come avrete potuto capire. Il rischio che stiamo concretamente correndo è che ciò che aveva previsto George Orwell possa davvero materializzarsi”.
Ma chi è che spinge per l’abolizione del contante ed a che punto è questo processo liberticida? “Ieri
San Marino – ha osservato Facco - ha firmato un protocollo per limitarne l’utilizzo ed oggi sono solo 11 i paesi che non pongono restrizioni. A chiedere la sua eliminazione è quel mainstream composto da Monti, Passera, il fronte del PD. Ma soprattutto, un tale Boccadutri di SEL che è un perfetto parassita visto che non ha mai lavorato in vita sua, e che ha presentato un emendamento alla legge finanziaria con cui vuole restringere l’uso del contante a 300 Euro. Ma credetemi questo è solo l’ultimo centimetro verso la totale eliminazione delle libertà personali, perché già in Italia siamo alle prese con una serie di controlli fiscali che con SERPICO, gli studi di settore ed altri meccanismi tendono ad intrufolarsi nella nostra vita privata. Il paradosso è che tutto questo parte dagli Stati Uniti che oggi si trovano in una situazione assai simile a quella greca. Lì abbiamo un deficit ed una spesa pubblica incredibili che stanno facendo sbandare quello che ritenevamo essere un faro per la nostra libertà. L’unica via d’uscita è il default, e chi come me fa notare queste cose viene considerato come un egoista che intende affamare gli altri. È una battaglia che si sta combattendo in campo aperto in cui, sino a quando questi signori si sentono legittimati a farlo, continueranno a sentirsi padroni delle vostre vite. C’è un problema culturale di fondo, in questo paese perché se tutto salta state pur certi che gli Stati Uniti in 10 anni sapranno come riprendersi, perché lì ci sarà sempre voglia di fare. Qua invece siamo destinati a morire d’inedia, perché chi lavora – concludeva non senza una punta di amarezza, rispondendo alle domande postegli dal pubblico presente - viene multato e controllato”.

                                                                                                          Francesco Montanino